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Iva o non Iva nei rapporti di servizio tra associazioni?

Fisco e Previdenza - Fisco

Diventano sempre più diffuse le “transazioni” tra associazioni. Ossia la fattispecie sulla base della quale una associazione, che ha la disponibilità di una struttura, magari in quanto titolare di rapporto di convenzione con l’amministrazione pubblica proprietaria (associazione sportiva che gestisce una palestra, associazione culturale che gestisce un teatro o locali dove è possibile svolgere attività didattiche o seminariali), ne concede l’utilizzo parziale, momentaneo o duraturo, ad altre associazioni a fronte di un corrispettivo, a volte simbolico, a volte no.

 

Trattasi di contratti atipici in quanto la messa a disposizione è quella di locali attrezzati, idonei all’uso e con utenze attive. Ma, volendo, rientrano in tale fattispecie anche gli accordi tra club sportivi per la cessione delle prestazioni di atleti dilettanti

Si pone, pertanto, il problema del trattamento fiscale di questi compensi (non vi è dubbio che siamo di fronte ad una prestazione corrispettiva) sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’Iva.

A tal fine il riferimento normativo non può che essere al combinato disposto di cui agli artt. 148 Tuir e 4 D.P.R. 633/72.

Il terzo comma, infatti, della prima norma citata (analogamente riportato anche nella seconda) prevede che per gli enti su base associativa non si considerino commerciali “le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti….di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale…”.

Vediamo quali sono le condizioni affinché si possa applicare tali norme.

Innanzitutto che entrambi i soggetti siano enti su base associativa ricompresi nell’elenco riportato: “associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona”. Se, per alcune di queste (promozione sociali e sportive) esistono registri pubblici che ci consentono di verificare in maniera oggettiva l’esistenza o meno di detto requisito soggettivo, maggiori problemi li ritroviamo con declaratorie (vedi ad esempio culturali o assistenziali) che non sempre consentono di individuare con esattezza la sussistenza del presupposto.

Ma, ciò premesso, sarà necessario, ai fini del diritto al godimento della agevolazione fiscale in esame anche verificare che entrambe le associazioni:

  1. siano facenti parte della medesima organizzazione locale o nazionale per espressa previsione statutaria;
  2. siano costituite per atto pubblico, scrittura privata autenticata o registrata;
  3. abbiano trasmesso il modello EAS;
  4. abbiano inserito in statuto le clausole contenute nel comma 8 dell’art. 148 del Tuir;
  5. abbiano svolto l’attività oggetto della transazione economica in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

Ove siano realizzati integralmente e in modo corretto tutti i cinque punti sopra indicati si conferma che il corrispettivo riscosso dalla associazione che presta il servizio all’altra associazione è posto fuori campo Iva (ex art. 4 DPR 633/72) e non rientra tra i componenti positivi di reddito ai fini delle imposte sui redditi (ex art. 148 Tuir). Si ritiene che alle medesime conclusioni si debba giungere anche nel caso in cui una delle parti sia una società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro e l’altra una associazione o altra società. Importante che sussistano i punti sopra indicati anche in questo caso.

È altrettanto vero, però, che dovrà essere l’associazione che incassa i proventi, in caso di verifica, a dover dimostrare la legittimità del proprio operato. Pertanto sarà necessario acquisire e conservare tutta la documentazione (statuto, affiliazione all’ente capostipite comune, trasmissione modello EAS) che ci possa consentire la dimostrazione in giudizio della sussistenza di tutti i presupposti agevolativi sopra indicati.

Tale principio di carattere generale, però, ai sensi del comma quarto dell’art. 148 Tuir non si applica ad una serie di attività tra le quali si evidenziano la somministrazione di pasti, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto, di gestione di spacci aziendali e mense, di gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale.

Sussistendone i presupposti e stante l’esclusione da Iva, il documento rilasciato ai sensi delle disposizioni indicate dovrà essere regolarmente assoggettato ad imposta di bollo.

 

 

 

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Fonte: Il Sole 24 Ore

 

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