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Decreto internazionalizzazione e deducibilità dei costi black list
Il D.Lgs. n. 147/2015, c.d. "Decreto Internazionalizzazione", ha apportato modifiche all'art. 110, TUIR, in materia di deducibilità, da parte delle imprese, dei costi sostenuti per operazioni intervenute con soggetti "black list".
In particolare, il Decreto prevede il passaggio dalla presunzione relativa di generale indeducibilità a quella di deducibilità "automatica" dei citati costi, se riferiti ad operazioni che hanno avuto concreta esecuzione, prevedendo un limite rappresentato dal valore normale, individuato ai sensi dell'art. 9, TUIR.
Di conseguenza:
- i costi, sempreché l'operazione abbia avuto concreta esecuzione, risultano deducibili nel limite del valore normale;
- per la parte di costo eccedente il valore normale, ai fini della deducibilità è necessario fornire la prova della sussistenza delle circostanze esimenti.
Le nuove disposizioni operano, per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, dal 2015.
La mancata notifica della cartella è impugnabile attraverso l'estratto di ruolo: Sezioni Unite
Con Sentenza 2 ottobre 2015, n. 19704, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito che l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata notificata, e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, è ammissibile.
Una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 19, D.Lgs. n. 546/1992 impone di ritenere, infatti, che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza.
No al licenziamento orale del dipendente
In tema di licenziamento, la Corte di Cassazione ha statuito l'illegittimità del provvedimento espulsivo effettuato oralmente nei confronti del dipendente che va riammesso in servizio, come risulta dal telegramma contenente la richiesta di reintegrazione da parte del lavoratore.
In particolare la Suprema Corte, con l'Ordinanza n. 19980 del 6 ottobre 2015, ha chiarito che la produzione in giudizio di un telegramma, anche senza l'avviso di ricevimento, rappresenta prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale deriva la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza, comunque superabile mediante prova contraria, non fornita dal datore nel caso di specie.
Legittimo il demansionamento concordato se il lavoratore rifiuta il trasferimento
Nel caso in cui l'azienda sopprima l'attività lavorativa e il lavoratore rifiuti il trasferimento ad oltre centocinquanta chilometri dalla sua residenza, il patto di demansionamento sottoscritto dal lavoratore, senza restrizioni alla propria volontà, per evitare il licenziamento è da considerarsi legittimo.
È questa la conclusione cui giunge la Corte di Cassazione, che nella Sentenza n. 19930 del 6 ottobre 2015 afferma la legittimità del demansionamento laddove sia l'unica soluzione per evitare l'interruzione del rapporto di lavoro, respingendo contestualmente il ricorso presentato dal lavoratore, che dopo aver firmato l'accordo anzidetto aveva citato l'azienda in giudizio per ottenere un risarcimento per l'avvenuto demansionamento.
Cassazione: nessun risarcimento senza prova del danno per mancato riposo dopo la reperibilità
Con la Sentenza n. 19936 del 6 ottobre 2015 la Cassazione interviene in merito al configurarsi o meno del danno psicofisico dalla mancata fruizione dei riposi compensativi, relativi a turni di reperibilità svolti in giornate festive. Nello specifico, la Suprema Corte ritiene che la mancata fruizione dei riposi compensativi in esame non configura in automatico la lesione psicofisica, che deve comunque essere provata dal lavoratore coinvolto, in quanto i periodi in reperibilità non possono essere assimilabili ai periodi di mancato riposo. |
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