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Genitori si diventa....
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Ciascuno di noi manifesta la propria aggressività in maniera diversa, ma non per questo si tratta necessariamente di intensità diverse, in parte anche per l’educazione che si è ricevuta.
Chi ha ricevuto l’insegnamento che la rabbia deve essere repressa, si ritroverà a rivolgere l’aggressività verso l’interno (con buona pace del suo gastroenterologo), oppure verrà colpito da momenti o periodi di tristezza, che possono poi sfociare in fasi semi-depressive.
Chi ha l’abitudine e la facilità di esternare la propria rabbia, potrà vederla sfociare in comportamenti eccessivi e addirittura violenti, sia da un punto di vista fisico che psicologico.
Ci sono quelli che di fronte a un litigio, soprattutto dai toni molto accesi, si chiudono in mutismo e si mettono a guardare la TV (o il computer) e quelli che, nel bene e nel male, sfogano la rabbia verso l’esterno, anche purtroppo prendendosela verbalmente o fisicamente con le persone che li circondano.
Capire quali sono i meccanismi che sono alla base dei comportamenti aggressivi, può aiutarci a comprendere anche le nostre reazioni e a imparare a controllarle o a indirizzarle in modo che non siano dannose per chi ci sta intorno o per noi stessi.
Jesper Juul (terapeuta familiare, autore dei noti “Il bambino è competente” ed “Eccomi, tu chi sei?“)identifica tre cause principali alla base dell’aggressività:
- l’angoscia, ovvero la paura di perdere potere o paura di perdere qualcosa o qualcuno a cui teniamo;
- la sensazione di colpevolezza, quando non riusciamo a sostenere il peso del senso di colpa e lo riversiamo sugli altri;
- la sensazione di perdita di valore nei confronti delle persone care.
L’angoscia e i sensi di colpa sono spesso legati ad un evento in particolare e il senso di queste due cause tipiche di comportamenti aggressivi è forse abbastanza intuitivo.
La terza causa mi sembra particolarmente interessante, perché non è necessariamente legata a un avvenimento specifico, è più subdola, perché dipende fortemente dalla sensibilità di ciascuno di noi nelle relazioni con gli altri.
Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un conflitto con persone alle quali siamo legati da un rapporto emotivo, quello che fa più male non è tanto il conflitto in sé, quanto piuttosto la sensazione di perdita di valore agli occhi della persona che abbiamo di fronte.
Il valore può essere di varia natura, uno status sociale o lavorativo, o un valore affettivo, ma la paura di perdere valore ci getta nel panico, ci fa sentire inadeguati, e diventa il fondamento sul quale cresce la rabbia nei confronti dell’altro. Vista così è facile capire che si tratta, sempre e comunque, di una forma di autodifesa.
- Io lavoro per la famiglia e tu non fai che rimproverarmi perché non mi occupo abbastanza dei figli!
- io mi faccio il mazzo tutto il giorno dietro ai figli e alla casa e tu pensi che io mi stia divertendo a non fare nulla!
Per i genitori nei confronti dei figli non è molto diverso. Quando sentiamo solo capricci e lamenti come riscontro del nostro lavoro di mamme e papà, iniziamo a dubitare del nostro valore ai loro occhi. E allora sbrocchiamo, ci arrabbiamo, urliamo, e magari qualcuno purtroppo arriva anche ad alzare le mani. Anche in questo caso, l’attacco d’ira più esplosivo, scatta quando ci sentiamo disprezzati, svalutati, incompresi nei nostri sforzi, tanto più dai nostri figli, per i quali proviamo sentimenti intensi.
E allora capita che noi siamo arrabbiati con i nostri figli, e loro sono arrabbiati con noi, e ci si ritrova in un circolo vizioso in cui nessuno è più sicuro del proprio valore agli occhi dell’altro.
Ecco, questo è il punto: noi ci sentiamo svalutati come genitori e ci assale la rabbia, ma la nostra rabbia fa sentire svalutati i nostri figli. Nell’attacco d’ira si dicono cose che in realtà non pensiamo: soprattutto, conoscendo bene il nostro interlocutore, si finisce per calcare la mano proprio sui suoi punti deboli. Le liti tra genitori e figli, vanno dritte ai sentimenti più profondi, spesso investono la storia profonda di ognuno, i suoi trascorsi, l’infanzia trascorsa dei genitori che si scontra con l’infanzia attuale dei figli. Fanno più male, a tutti.
E’ nostro compito, come genitori, trovare valvole di sfogo per la nostra rabbia che permettano di salvaguardare i bambini. E non perché altrimenti smetteranno di amarci, perchè un bambino, per quanto maltrattato, continuerà ad amare i suoi genitori. Anzi, forse dimostrerà in modo anche più evidente il suo amore per paura delle nostre reazioni e del nostro giudizio.
Dobbiamo veicolare altrove la nostra rabbia perchè la vera vittima dei nostri scatti d’ira, sarà l’autostima dei nostri figli. E l’autostima è un bene fragile, a cui è facile infliggere colpi che lasciano cicatrici.
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