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Spese di sponsorizzazione

Fisco e Previdenza - Fisco

 

Non è facile tracciare un confine di demarcazione rigido nel caso in cui ci si approcci alla sempre più delicata questione della corretta qualificazione delle spese di sponsorizzazione nelle DIVERSE categorie delle spese di rappresentanza da un lato, e delle spese di pubblicità e di propaganda dall’altro. Da tale qualificazione, come noto, ne deriva un diverso trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi.

 

Infatti, qualora qualificato tra le spese di rappresentanza, il costo della sponsorizzazione risulta interamente deducibile nel periodo d’imposta, se rispondente ai requisiti di inerenza e congruità previsti dal D.M. 19 novembre 2008, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse. Tali spese inoltre, devono essere contenute entro certi limiti parametrati al fatturato: in misura pari all’1,3% dei ricavi fino a 10 milioni di euro; allo 0,5% per la parte eccedente i 10 milioni e fino a 50 milioni e allo 0,1% dei ricavi per la parte eccedente euro 50 milioni.

Diversamente, qualora qualificato tra le spese di pubblicità e propaganda, il costo risulta interamente deducibile nell’esercizio in cui è stato sostenute o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. La differenza tra le due categorie è ben riscontrabile nell’inesistenza per le spese di pubblicità e propaganda di un “potenziale” quantum di deducibilità riscontrabile nella categoria delle spese di rappresentanza.

Si precisa inoltre che ai fini della deducibilità dal reddito d’impresa delle spese in argomento devono altresì essere soddisfatti, secondo i principi generali della tassazione diretta, i requisiti della competenza, della certezza, quanto all’esistenza del costo, e dell’oggettiva determinabilità dello stesso, quanto al relativo ammontare, nonché dell’inerenza della spesa ad attività o beni da cui derivino ricavi o altri proventi imponibili.

Ma come fare ad individuare il corretto trattamento fiscale da riservare alle spese di sponsorizzazione? La risposta è stata fornita dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 23 giugno 2014, n. 14252, che ha individuato il criterio discretivo nella diversità, anche strategica, degli obbiettivi perseguiti.

La vicenda trae origine dalla contestazione effettuata dai verificatori nei confronti di una impresa che aveva classificato un costo relativo ad un acquisto di uno spazio pubblicitario su una vettura partecipante al campionato italiano G.T. come spesa di pubblicità piuttosto che come spesa di rappresentanza.

La tesi dei verificatori, accolta dalle commissioni tributarie, si fonda sul fatto che lo spazio acquistato sul veicolo, in considerazione della dimensione e localizzazione della dicitura “non ben visibile per il pubblico presente alla manifestazione” risultava sostenuta per accrescere il prestigio della ditta, piuttosto che per incrementare le vendite, e di guisa, doveva essere classificata tra le spese di rappresentanza e non di pubblicità.

In primis, il Supremo Consesso richiamandosi alla giurisprudenza consolidata sul punto ha rammentato che costituiscono spese di rappresentanza quelle sostenuteper iniziative dirette ad accrescere il prestigio e l‘immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, PREVALENTEMENTE anche se non ESCLUSIVAMENTE, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta”.

In secondo luogo gli Ermellini si sono soffermati sul criterio discretivo da applicare per classificare il costo nelle due differenti categorie, specificando che il discrimen fiscale NON deve essere ricercato nella “gratuità” della prestazione in favore di terzi (peculiarità tipica delle spese di rappresentanza) ma deve essere individuato “nella diversità, anche strategica, degli obiettiviche, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d’immagine ed il maggior prestigio nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto”.

Da tale assunto ne discende che rientrano tra le spese di rappresentanza quelle disponsorizzazione, come tali deducibili nei limiti della previsione dell’art. 108 del D.P.R. n. 917 del 1986, in quanto idonee ad accrescere il prestigio dell’impresa, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale.

 

 


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730 precompilato: opposizione alle spese universitarie fino al 21 marzo

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Fonte: Agenzia delle Entrate

 

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Fonte: Il Sole 24 Ore

 

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