Il pescatore abusivo è una vecchia professione. Non si deve confondere con la persona che va in mare per portare un piatto in tavola, bensì con quello che, svolgendo o meno un’altra professione, o essendo pensionato, e non pagando contributi di alcun genere, approfitta del suo “anonimato” per campare sulle spalle di chi invece per vendere del pesce si munisce di un autorizzazione comunale, e per pescare acquista un’imbarcazione da pesca munita di licenza.
Spesso poi l’anonimo programma il suo “mestiere”, spogliandosi anche dei beni mobili e immobili, casomai ne avesse.
La risposta della maggior parte di queste persone è l’atto d’accusa contro lo Stato, il fisco e la previdenza, additati per essere diventati “soci” di qualsiasi genere di impresa in Italia, a causa dell’elevata tassazione.
Da una parte abbiamo coloro che, muniti di regolare autorizzazioni, pescano e/o commercializzano pesce e frutti di mare, dall’altra quelli che, in barba a tutte le regole, reti e/o rastrelli alla mano, setacciano il mare e vendono il pescato, ma come fanno?
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