Il sale aveva consumato la sua corteccia, portando a nudo l’anima di un albero secolare.
Una vita vissuta alle intemperie, densa di ricordi e di ferite inferte dalla guerra, conficcate nella sua armatura.
Nodi e confessioni d’amore di adolescenti innamorati della vita, che il tempo non aveva potuto cancellare.
Ciascuno, passandogli accanto, rivedeva, come in un film, il proprio vissuto.
I profumi erano quelli di tanti anni prima, immutati, semplici.
Depositario del tempo dei tempi, della storia passata e presente, il Gigante, così lo chiamano ancora oggi, era stato sempre lì, quasi ai margini della foce di un fiume stanco e avvelenato dall’uomo.
La vecchia quercia aveva strappato tante vite alla morte, la signora del fiume sapeva come difendere e proteggere la vita, mentre tra i suoi folti rami si nascondevano alle doppiette dei cacciatori centinaia di volatili, spaventati dall’uomo, ultimo pezzo di un mosaico creato per dare la parola alla bellezza del Creato.
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