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Eredi puntuali con la successione risarciti dal notaio ritardatario

Fisco e Previdenza - Fisco

La dichiarazione integrativa presentata in un secondo momento non discolpa dal danno causato al cliente, equivalente alla sanzione prevista per la violazione dei termini

In tema di dichiarazione di successione, il notaio risponde a titolo di danno delle sanzioni irrogate, dall’ufficio al contribuente, per il ritardo nella presentazione della dichiarazione di successione. Agli eredi, invece, non viene irrogata un’autonoma sanzione per la tardiva dichiarazione integrativa, in quanto, secondo la disciplina vigente ratione temporis (1994), dalla stessa non è derivata la liquidazione di una maggiore imposta.
Questi i principi contenuti nella sentenza 21082 del 27 novembre.

I fatti

Con atto di citazione, un contribuente, in proprio e quale rappresentante dei figli minori, conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il notaio, al fine di fare accertare la sua responsabilità per il ritardo nella presentazione della denuncia di successione e di sentirlo condannare al risarcimento dei danni, nella misura delle sanzioni pecuniarie irrogate dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, con rivalutazione e interessi.
 
In primo grado, il Tribunale ha dato atto che il notaio, pur essendo stato incaricato in tempo utile, aveva presentato la denuncia di successione oltre il termine prescritto dalla legge (sei mesi dalla morte, secondo le disposizioni dell’articolo 31, Dlgs 346/1990 applicabili ratione temporis) e, di conseguenza, lo ha condannato a pagare, a titolo risarcitorio, la somma che il contribuente aveva corrisposto a titolo di pena pecuniaria e interessi, oltre gli interessi legali dalla data dell’esborso al saldo.

Il notaio ha appellato la sentenza e, tra l’altro, ha contestato il quantum liquidato dal primo giudice. A parere del professionista, infatti, solo a seguito di nuova dichiarazione, presentata dagli eredi sulla base di elementi non comunicati in precedenza e sui quali egli stesso non aveva avuto la possibilità di interloquire, l’originaria sanzione di 22.155 euro (già 42.898.83 lire, irrogata nel 1994) era stata sostituita con quella di 59.835 euro (comminata nel 1996).
 
In parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Roma ha ridotto la condanna del notaio nei termini della prima sanzione oltre agli interessi, senza considerare, però, che la dichiarazione integrativa era stata presentata dagli eredi “per le sole passività”.
 
La Cassazione, adita dagli eredi, cassando la pronuncia con rinvio, ha precisato che “presupposto per l’applicazione di una autonoma sanzione in caso di ritardata presentazione di tale dichiarazione è che dalla stessa sia derivata la liquidazione di una ‘maggiore imposta’; e che, pertanto, non è di per sé sanzionabile (non comportando la liquidazione dì maggiori imposte) la denuncia integrativa tardiva diretta, come nella specie, esclusivamente al riconoscimento di passività precedentemente non indicate”.

Osservazioni

Nella fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte si è pronunciata con riferimento alla misura del danno sofferto dal contribuente per la sanzione irrogata nel caso di tardiva presentazione della dichiarazione di successione da parte del notaio. In particolare, ha evidenziato gli effetti della condotta del professionista con riferimento alla successiva dichiarazione integrativa degli eredi per le sole passività (articolo 23 del Dlgs 346/1990).

In base al “principio di regolarità causale”, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la sanzione tributaria definitiva è equivalente al danno conseguente al ritardo nella presentazione della denuncia di successione da parte del notaio incaricato.
Danno che, proprio per la “regolarità causale”, è risarcibile per inadempimento contrattuale o per responsabilità extracontrattuale ed è circoscritto non solo ai danni diretti e immediati, ma anche “ai danni mediati ed indiretti che rientrano nella serie delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione, rapportato all’apprezzamento dell’uomo di ordinaria diligenza” (Cassazione, sentenza 15274/2006).
Con la precisazione, però, che l’interruzione del nesso causale comporta l’esclusione dell’imputabilità del danno (e quindi della sua risarcibilità) e che ciò si verifica quando “sopravvenga un fatto del tutto distinto e autonomo, eventualmente attribuibile a comportamento dello stesso danneggiato, che si riveli di per sé idoneo a produrre l’evento lesivo” (Cassazione, sentenza 21082/2012).
 
Tale fatto, a parere della Cassazione, non può identificarsi con la presentazione della denuncia integrativa da parte degli eredi. L’iniziativa assunta dagli eredi non rappresenta causa esclusiva degli ulteriori oneri liquidati, non essendo di per sé idonea a spezzare ogni nesso causale con la condotta colposa del professionista. Né il comportamento degli stessi eredi viola gli obblighi di ordinaria diligenza, ma è diretto a ottenere una riduzione dell’imposta originariamente liquidata, costituendo mera occasione, e non causa, dell’irrogazione della maggiore sanzione definitiva.
 
Del resto, in generale, il contribuente ha la facoltà di modificare la dichiarazione di successione anche dopo la scadenza del termine indicato dall’articolo 31 del Dlgs 346/1990, con le eventuali sanzioni previste dall’articolo 50 (Cassazione, sentenze 6609/2011 e 20852/2007).
 
Tuttavia, nella fattispecie esaminata, la denuncia integrativa, anche se tardiva, non è stata ritenuta di per sé sanzionabile (non comportando la liquidazione di maggiori imposte), poiché diretta solo al riconoscimento di passività precedentemente non indicate.
A tale riguardo, come ricordato dalla Corte, poiché “ai sensi del primo comma, seconda parte, dell’art. 50 del d.lgs. 31-10-1990 n. 346, la ritardata presentazione della dichiarazione integrativa di successione comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria ‘commisurata alla maggiore imposta liquidata d’ufficio’…”, dalla denuncia integrativa non può derivare alcuna maggiorazione di sanzione se dalla stessa non discenda anche una maggiore liquidazione dell’imposta dovuta.
 
Il giudice del rinvio, chiamato a colmare la lacune motivazionali della sentenza d’appello con riferimento alle somme ulteriori richieste con il secondo avviso di liquidazione, dovrà tener conto di tale principio nel valutare nuovamente la sussistenza del nesso eziologico tra il colpevole ritardo del professionista e i maggiori oneri addebitati agli eredi con il successivo avviso.

Romina Morrone


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