La goccia del Re di Tonga
Era solito bere un bicchiere di buon vino rosso mentre aspettava il ritorno della sua amata compagna. A volte l'attesa richiamava l'attenzione di Gino sulla bottiglia. Lo aiutava a non sentirsi solo.
I figli erano ormai lontani per motivi di lavoro e lui, dopo anni passati a navigare, faceva il guardiano del faro, solo con i suoi tanti viaggi in giro per il mondo. Il vino lo aiutava a sognare ancora una volta, e lui ne approfittava per vivere una favola.
Quel giorno Silvia, tornando a casa, trovò suo marito addormentato, appoggiato sul tavolo della cucina. In una mano stringeva alcuni pezzi per completare il modellino della nave che lui aveva progettato, nell'altra il bicchiere di vino.
La moglie non lo disturbò e si sedette sulla poltrona non lontana .
Accarezzando la sua micia Ronfie, che immediatamente si era raggomitolata sulle ginocchia, fu presa dalla stanchezza accumulata e come in un sogno si ritrovò con il marito sulla barca che lui stesso aveva progettato.
Sembravano avere trenta anni di meno. Erano passati a salutare il Re di Tonga, che Gino aveva conosciuto durante uno dei suoi viaggi, e questi aveva consegnato loro un oggetto che gli isolani consideravano magico: uno splendido opale che il tempo aveva accarezzato e modellato fino a farlo sembrare una goccia.
Il miagolio di Ronfie interruppe quel bellissimo sogno. Reclamava la pappa. E mentre Silvia riponeva la ciotola in un angolo, notò che il marito stringeva in una mano, non più il bicchiere di vino ma quella stessa pietra a forma di goccia che il Re di Tonga gli aveva regalato.
Senza svegliare il marito la prese e si diresse verso il faro, in prossimità del dirupo dove il marito era solito sedersi ad ammirare l'orizzonte. Chiuse gli occhi e lasciò cadere la pietra. Quando li aprì erano di nuovo insieme al largo delle isole di Cook, con il vento che li accompagnava nel loro viaggio all'inseguimento del sole e delle stelle.
Articoli più recenti:
Articoli meno recenti: