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IL RAPPORTO ASSOCIATIVO

Fisco e Previdenza - Fisco

L'acquisto della qualità di associato di una associazione, riconosciuta o meno, può essere simultaneo, come nel caso dei fondatori, oppure può essere successivo alla costituzione; ed è proprio questa possibilità di adesioni successive o, dal punto di vista dell'associazione, di successiva ammissione di altri associati, che colloca il contratto di associazione nella vasta categoria dei «contratti aperti» la cui caratteristica risiede, appunto, nella circostanza che ai contraenti originari possono, dopo la perfezione del contratto, aggiungersene nuovi senza che ciò implichi lo scioglimento del precedente rapporto contrattuale e la conclusione, tra i contraenti originari ed i nuovi, di un altro contratto.

 

L'adesione successiva ha, giuridicamente, la medesima natura della partecipazione originaria: entrambe si perfezionano nel momento dell'incontro della dichiarazione di volontà dell'aderente e di quella dell'associazione.

Ciò significa, in sostanza, che per l'assunzione della qualità di associato non è sufficiente, come spesso accade, la semplice "iscrizione" ad una o più attività poste in essere dalla associazione e contestuale emissione di una tessera da parte di questa, ma vi è necessità della c.d. “affectio societatis".

Deve, infatti, emergere la volontà d'associarsi dell'aspirante socio e quella d'associarlo dell'associazione. Diventa, pertanto, fondamentale che, sulla base di quanto stabilito dallo statuto, detta domanda sia "recepita" e approvata" dalla associazione.

Si applica, per analogia alle associazioni non riconosciute, l'art. 16 Cod. Civ. il quale stabilisce che l'atto costitutivo o lo statuto devono indicare le «condizioni per l'ammissione degli associati»; il vincolo associativo è aperto a quanti, possedendo i requisiti richiesti dallo statuto, risultano appartenere alla categoria della quale l'associazione è l'espressione organizzata ed è, al tempo stesso, chiuso per coloro che non rientrano in suddetta categoria.

La disposizione, tuttavia, non vale ad imporre all'associazione l'obbligo di accogliere le domande di ammissione presentate da coloro che si dimostrino in possesso dei requisiti richiesti e non attribuisce, a questi ultimi, un diritto di ammissione, né li legittima ad adire il giudice contro le deliberazioni che respingono la richiesta di ammissione.

Sul cosiddetto «diritto di ammissione» è aperto il dibattito.

Alcuni autori sostengono la tutelabilità dell'interesse del singolo all'ammissione sulla scorta dell'art. 18 Cost.: in caso di rifiuto da parte della associazione si avrebbe la nullità dell'atto per contrarietà alla norma costituzionale; secondo la dottrina prevalente né l'art. 18 Cost. né l'art. 2 Cost. riconoscono il diritto di ammissione. La richiesta di adesione, sia iniziale che successiva, è nell'uno, come nell'altro caso, una proposta contrattuale e l'accettazione di essa è, per la controparte, un atto di autonomia contrattuale, per sua natura incoercibile ed insindacabile dall'autorità giudiziaria.

Ovviamente il rigetto e l'accoglimento della domanda d'ammissione deve essere motivato e sarebbe senza dubbio inammissibile una clausola statutaria che esentasse gli amministratori dall'obbligo della motivazione; é esclusivamente in tale contesto che va ricercata la limitata tutela dell'aspirante associato: l’ingiusta reiezione della domanda di ammissione da parte di chi sia in possesso dei requisiti richiesti dallo statuto, giudizialmente ineccepibile come ogni qualsiasi proposta contrattuale non accettata dalla controparte, potrà tuttavia presentare, all'interno dell'associazione, i caratteri di un provvedimento illegittimo ed esporre gli amministratori alle sanzioni che la Legge prevede per il caso di violazione dei loro doveri.

E ancora, l'atto costitutivo e lo statuto potrebbero anche stabilire che sulla reiezione della domanda di ammissione si pronunci l'assemblea o un apposito organo costituito all'interno dell'associazione (collegio dei Probiviri); ma anche i provvedimenti di quella o di questo sono, di fronte all'interessato, atti di autonomia contrattuale, insuscettibili di riesame giudiziario.

In ultima analisi non resta altro, per il terzo «rifiutato», che appellarsi al disposto dell'art. 1337 Cod.Civ. il quale dispone: «Le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi secondo buona fede».

diritti e gli obblighi degli associati trovano la propria fonte nel contratto di associazione (ossia negli accordi degli associati - contratto plurilaterale con comunione di scopo) cioè di fatto nello statuto dell'ente: è, tuttavia, possibile che questo rimetta agli organi dell'associazione la determinazione periodica degli obblighi da esso previsti.

È comunque accolto il principio secondo cui gli associati devono avere parità di diritti e doveri; ciò anche in applicazione del principio di rispetto della democrazia interna.

La qualità di associato, qualità che designa la posizione di parte nel rapporto contrattuale di associazione o meglio la titolarità dei diritti ed obblighi che dal contratto derivano in capo a ciascun contraente, data la sua natura strettamente personale, è normalmente intrasmissibile sia per atto tra vivi che per successione a causa di morte, salvo che la trasmissione sia consentita dall'atto costitutivo o dallo statuto, così come previsto dall'art. 24, comma 1, Cod. Civ. applicabile per analogia anche alle associazioni non riconosciute.