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Rimborsi spese sportivi automuniti: esentasse, se in gara fuori comune

Fisco e Previdenza - Fisco

I rimborsi delle spese di viaggio (le indennità chilometriche) sostenute dagli atleti dilettanti per raggiungere, con un proprio mezzo di trasporto, il luogo dove svolgere l’attività sportiva, non concorrono a formare il reddito, se le spese sono documentate e riguardano prestazioni effettuate al di fuori del territorio comunale in cui risiede l’atleta.
Questo il principale chiarimento contenuto nella risoluzione n. 38/E dell’11 aprile.

Va innanzitutto ricordato che, a differenza di quanto stabilito per gli sportivi professionisti (le cui prestazioni, regolamentate dalla legge 91/1981, costituiscono oggetto di un contratto di lavoro dipendente o, in taluni casi, di lavoro autonomo), non esiste una compiuta disciplina civilistica relativa all’attività degli sportivi dilettanti.

Per sopperire a ciò, il legislatore ha “inglobato” gli importi percepiti dai non professionisti nella categoria dei “redditi diversi” (articolo 67, comma 1, lettera m, del Tuir). Tale attrazione spiega, tra l’altro, perché queste indennità siano esentasse solo se documentate.


A chiarire la questione è l’attuale formulazione dell’articolo 69, comma 2, del Tuir, che considera non imponibili i rimborsi di spese documentate relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto (comprese, quindi, le indennità chilometriche), limitatamente a quelle sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza o dimora abituale del percipiente. Diversamente, se le attività si svolgono all’interno del comune o, comunque, se le spese non sono documentate, le indennità chilometriche non rappresentano reddito fino a un importo complessivo di 7.500 euro, nel quale vanno considerati anche i rimborsi forfetari, i premi, le indennità e i compensi percepiti.