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I congedi di maternità, paternità e parentali dopo il Jobs act

Legislazione - Decreti

Il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, con il Jobs Act, è tornato centrale nell’Agenda di Governo a distanza di quattro anni dall’ultimo provvedimento più ampio e organico, che aveva riguardato la materia, e che era stata l’Intesa sulla Conciliazione firmata dalle parti sociali il 7 marzo 2011.

Nel nuovo provvedimento l’obiettivo del Legislatore è revisionare e aggiornare tutte le misure volte a sostenere le cure parentali attraverso misure sperimentali di tutela della maternità e forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

 

 

In questa direzione è ampliata anche la platea dei beneficiari, che potranno usufruire degli strumenti conciliativi, insieme alla previsione della corresponsione automatica alle lavoratrici autonome dell'indennità di maternità e di paternità anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente. E proprio il lavoro autonomo è un aspetto non trascurato dalla novella legislativa, che modifica il titolo della rubrica del Capo XI dedicato ora ai “Lavoratori autonomi” in quanto sono contenuti i diritti spettanti ai padri lavoratori autonomi.

Una ulteriore novità del decreto legislativo riguarda, poi, il congedo per le donne vittime di violenza con l’introduzione, per le donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, del diritto alla astensione dal lavoro per un periodo massimo di 3 mesi, durante il quale è corrisposta una indennità riferibile all’ultima retribuzione e coperta da contribuzione figurativa.

 

Gli interventi previsti per la tutela della maternità

L’impianto complessivo, alla luce dei principi e criteri direttivi della legge delega n. 183/2014, è ampio, come previsto dal co. 9 dell’art. 1, il quale elenca i diversi interventi da attuarsi e aventi ad oggetto

«a) ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell'indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici;

b) garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;

c) introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;

d) incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell'orario lavorativo e dell'impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio delle responsabilità genitoriali e dell'assistenza alle persone non autosufficienti e l'attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro;

e) eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;

f) integrazione dell'offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative, anche mediante la promozione dell'utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi;

g) ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese;

h) introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza;

i) estensione dei principi di cui al presente comma, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;

l) semplificazione e razionalizzazione degli organismi, delle competenze e dei fondi operanti in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e riordino delle procedure connesse alla promozione di azioni positive di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ferme restando le funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di parità e pari opportunità».

Tuttavia un aspetto che appare opportuno segnalare riguarda l’attuazione parziale della delega nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 il quale pur intervenendo con significative novità – che incidono, modificandolo, sul decreto legislativo 26 marzo 2011, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità – non affronta tutte le problematiche (indicate nella legge delega) come ad esempio la tax credit per il lavoro femminile e la rete di servizi per l’infanzia. Nella relazione al decreto legislativo n. 80/2015, infatti, si evidenzia che sia per i tempi ridotti di approvazione sia per vincoli finanziari non si è proceduto al riordino dell’intera normativa optando per una impostazione minimale e settoriale, ma efficace, che privilegiasse le soluzioni nei settori socialmente più sensibili.

Altre norme, invece, come la cessione gratuita di riposi e ferie tra colleghi nei casi di figli portatori di handicap (istituto conosciuto come ferie solidali), sono state inserite nel decreto legislativo n. 151/2015, Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini ed imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 221/2015. In particolare l’art. 24 del citato decreto prevede che «Fermi restando i diritti di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro».

 

 

 

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Fonte: Il Sole 24 Ore

 

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