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Manca il prospetto delle rimanenze: l’accertamento induttivo è legittimo

Legislazione - Comunicati

L’accertamento di tipo induttivo del reddito d’impresa, sulla base di dati e di notizie in possesso dell’ufficio accertatore, può essere effettuato anche in caso di omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino idonee a verificare la coerenza tra le variazioni intervenute nelle consistenze negli inventari annuali.
È quanto ribadito dalla suprema Corte con la sentenza n. 14501 del 10 luglio 2015.

La vicenda processuale

La vicenda trae origine dall’impugnazione dinanzi al giudice tributario di un avviso di accertamento emesso per il periodo d’imposta 2006 ai fini Iva, Ires e Irap, a seguito di un pvc con il quale erano state contestate non solo una pluralità di violazioni per detrazioni di costi, ma altresì erano stati induttivamente ricostruiti ricavi non dichiarati.

Il giudice di primo grado rigettava il ricorso ritenendo legittimo l’accertamento induttivo.

Di contrario avviso la Ctr, che accoglieva l’appello della società contribuente. In particolare, il giudice di seconde cure, considerato che le ragioni di applicazione del metodo induttivo erano state correlate al fatto che in sede di verifica non fosse stata esibita alcuna distinta delle rimanenze iniziali e finali per l’anno 2006, motivava la decisione nel senso che “in assenza dei presupposti che giustificano l’accertamento induttivo di cui al comma 2 dell’art. 39 DPR n. 600/1973 … doveva considerarsi ingiustificato l’adozione del metodo induttivo puro nei confronti della ricorrente”.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, facendo valere la violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, comma 2, del Dpr 600/1973. La difesa erariale, invero, si doleva del fatto che il giudice del merito avesse ritenuto insufficiente il presupposto dell’omessa esibizione delle distinte delle rimanenze, per quanto detta omissione avesse provocato agli accertatori l’impossibilità di effettuare un controllo della corretta quantificazione e contabilizzazione di tali dati in bilancio, cosicché si era reso necessario il ricorso alla ricostruzione induttiva.



La pronuncia della Cassazione

I giudici della Corte suprema, investiti della questione, ritenendo legittimo l’accertamento induttivo posto in essere in assenza dell’esibizione, in sede di verifica, del prospetto analitico delle rimanenze iniziali e finali, non consentendo all’Amministrazione finanziaria di effettuare un controllo della corretta quantificazione e contabilizzazione di tali dati in bilancio, hanno censurato la decisione, rinviando alla Ctr di Roma che dovrà procedere a un nuovo giudizio alla luce dei principi di diritti affermati.


Osservazioni
Con la decisione in esame, la Corte suprema ha ribadito quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione, sentenza 7653/2012), per cui, in tema di imposte dirette, in caso di omessa presentazione del prospetto analitico delle rimanenze finali, l’ufficio può procedere ad accertamento di tipo induttivo, attraverso una determinazione della percentuale di ricarico dei prezzi di vendita rispetto a quelli di acquisito, purché questa sia fondata su un campione di merci rappresentativo e adeguato per qualità e quantità rispetto al fatturato complessivo, su percentuali di ricarico dei singoli beni obiettivamente rilevate dai documenti esaminati e su criteri di computo della percentuale di ricarico del campione logicamente condivisibili, siano essi fondati su una media aritmetica o ponderale.


In caso di omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, considerato quanto ulteriormente chiarito dai giudici di legittimità (cfr Cassazione, sentenza 13816/2003), l’ufficio può procedere ad accertamento di tipo induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, sulla base di dati o notizie a sua conoscenza.
Detta omissione, invero, generando un impedimento alla corretta analisi dei contenuti dell’inventario, influisce indubbiamente sulla possibilità per gli accertatori di ricostruire analiticamente i ricavi di esercizio e determina, perciò, quella “inattendibilità complessiva delle scritture contabili” che è presupposto, normativamente previsto, ai fini del ricorso alla modalità induttiva dell’accertamento.

Nel caso di specie, pertanto, merita censura la sentenza di merito, la quale, escludendo che l’omessa tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino fosse idoneo presupposto della modalità di accertamento concretamente utilizzata, non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra espressi.

 

 


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Fonte: Il Sole 24 Ore

 

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