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Aumenta a 150 mila euro la soglia per il reato di omesso versamento dell’Iva

Fisco e Previdenza - Fisco

Il decreto legislativo in corso di approvazione non abolisce il reato per il mancato versamento dell’Iva ma ne innalza la soglia da 50 mila euro a 150 mila euro.

Lo scorso 24 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto attuativo della Legge Delega attraverso la quale il Parlamento ha delegato il Governo alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario. Tra le materie riviste c’è il reato di omesso versamento di IVA per il quale vieneinnalzata la soglia di punibilità che da 50.000 euro passa a 150.000 euro, viene quindi meno l’ipotesi recentemente circolata di abrogazione del reato previsto dall’art.10 del D.Lgs.74/2000.

Il reato in esame è particolarmente rilevante in questo periodo, in effetti la crisi economica e di liquidità che da tempo caratterizza il nostro Paese ha portato al sensibile aumento dei reati da omesso versamento. In particolare qualora scaduto il termine per il versamento dell’acconto IVA, risulti un debito per la stessa imposta relativa all’anno precedente superiore ad Euro 50.000, scatta la rilevanza penale della fattispecie. Nella gran parte dei casi è proprio la crisi economica ad essere invocata come esimente da questo delitto, tuttavia la difficoltà economica e la crisi di liquidità non costituiscono motivo sufficiente a giustificare detta omissione e a scongiurare la rilevanza penale. Infatti perché la crisi possa essere considerata una esimente è onere del contribuente dimostrare e provare l’impossibilità di reperire la liquidità necessaria per il puntuale e tempestivo versamento dell’imposta. Quindi la crisi e la mancanza di liquidità devono essere intervenute al momento della scadenza del versamento e devono essere indipendenti dalla volontà del contribuente. A conferma di ciò la presentazione di bilanci in perdita non costituisce una giustificazione, infatti il bilancio in perdita è sintomo che l’imprenditore conosceva lo stato di crisi della sua azienda. Inoltre lo stesso contribuente, deve provare di aver messo in atto tutte le possibili azioni per far fronte all’obbligazione tributaria, anche azioni lesive del suo patrimonio personale (come far ricorso a linee di finanziamento personali), senza peraltro riuscirvi per cause non dipendenti dalla sua volontà.

Per la giurisprudenza il contribuente avrebbe dovuto accantonare le somme da versare al momento dell’incasso delle fatture emesse e, nel caso di mancato incasso, doveva procedere al recupero dell’IVA attraverso le procedure messe a disposizione dal nostro ordinamento.

Allo stesso modo, la giustificazione dell’omesso versamento con la necessità di pagare fornitori e dipendenti non è accolta dalla giurisprudenza in quanto la sfavorevole contingenza economica non può consentire di privilegiare alcuni creditori (nella fattispecie dipendenti e fornitori) a scapito del pagamento delle imposte.

L’innalzamento della soglia di rilevanza penale prevista dallo schema di decreto appena approvato è certamente un’apertura a favore del contribuente, ma, allo stesso tempo, costituisce un brusco ripensamento rispetto alla prima ipotesi di depenalizzazione della fattispecie. Bisognerà tuttavia attendere i decreti attuativi per avere contezza della reale portata innovativa della riforma voluta dal Governo.

 

 

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Fonte: Il Sole 24 Ore

 

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