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Record di suicidi a Latina, pesa l'incertezza e la perdita del lavoro
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Secondo il rapporto Eures il Lazio ha subito un incremento di casi del 14,8%.
Roma è passata dai 146 del 2008 ai 154 del 2009.
Ma è la provincia pontina a pagare il prezzo maggiore in termini di vite umane, con 31 casi nell'ultimo anno rispetto ai 14 del 2008 e un'incidenza di 5,7 ogni 100mila abitanti.
Le ragioni di un fenomeno in costante crescita le spiega ad Affaritaliani.it Giuseppe Nicolucci, neurologo dell'ospedale Santa Maria Goretti: “Latina, troppo chiusa, non sa offrire risposte al disagio sociale”.
A rischio la fascia sociale media, che sta perdendo casa e lavoro: è un suicidio sociale
di Laura Pesino LATINA -
“Il suicidio è un po' come uno sbadiglio, rischia di essere contagioso. Meno se ne parla meglio è. Perché in una situazione di disagio, il solo fatto di sapere che qualcuno si è tolto la vita induce un fattore di emulazione”.
E di disagio del resto parlano chiaramente i dati diffusi dal rapporto Eures, gli stessi che forniscono la dimensione di un allarme che si aggrava sotto il peso della crisi economica. L'analisi è di Giuseppe Nicolucci, neurologo dell'ospedale Santa Maria Goretti di Latina, la città che più di altre, nel Lazio, ha assistito a una crescita esponenziale di decessi dovuti a suicidi.
Colpa della crisi, della perdita del posto di lavoro, della mancanza di riferimenti e sicurezze e della sensazione di irrimediabile solitudine avvertita da chi vive una condizione di depressione.
I numeri raccontano freddamente che nell'arco di 10 anni, dal 1999 al 2009, il Lazio ha registrato 2623 suicidi, il 7% della media nazionale.
Nell'ultimo anno di riferimento preso in considerazione dall'indagine Eures la regione ha subito un incremento del 14,8% rispetto al 2008, con un'incidenza di 3,7 suicidi ogni 100mila abitanti.
Una città come Roma passa da 146 a 154 casi. Ma il prezzo maggiore lo paga la provincia di Latina, con i 14 suicidi registrati nel 2008 e i 31 del 2009: un'incidenza di 5,7 casi ogni 100mila abitanti, maggiore del dato nazionale.
Perché allora proprio Latina?
“Perché Latina – risponde il dottor Nicolucci – genera depressione.
Non è in grado di offrire risposte al disagio sociale e si è progressivamente chiusa in una visione provinciale, senza adeguati sbocchi culturali, senza prospettive lavorative.
Chi già vive una condizione personale di grave disagio si sente ingabbiato in questa dimensione e spaesato dalla perdita di riferimenti.
I dati ci dicono poi che i più sofferenti sono proprio i poli industriali.
Questa è tradizionalmente un'area territoriale laboriosa. Qui arrivavano le persone del sud a lavorare nelle fabbriche e il lavoro e le industrie producevano benessere economico.
Oggi quelle fabbriche non esistono più, la crisi economica ha decimato le aziende che davano lavoro a migliaia di persone.
E proprio la mancanza progressiva di sicurezza economica, la paura di perdere il benessere che si è conquistato o anche solo il timore del futuro costituiscono le ragioni sociali di questo fenomeno in costante aumento”.
Il suicidio è e resta però la risposta estrema a una condizione di disagio individuale vissuta da soggetti predisposti e particolarmente sensibili che, intrappolati nell'incapacità di ribellione, scelgono di farla finita.
“E' anche un atto di aggressività e di denuncia che non offre possibilità di risposta – aggiunge Nicolucci – A volte una punizione verso qualcuno, nei casi per esempio di un suicidio per la perdita del posto di lavoro o per la fine di un amore”.
Pesa poi, sul malessere e la malattia, la crisi familiare e di identità.
“L'insicurezza di un genitore che perde il posto di lavoro – spiega il neurologo – genera a sua volta insicurezza nei figli.
Ecco allora che la condizione di una vita effimera, l'individualità, l'incapacità di intrattenere autentiche relazioni umane, la delusione delle aspettative diventano le basi su cui matura la scelta. Questo spiega l'incremento di casi anche nelle fasce adolescenziali, per le quali una piccola delusione, scolastica o sentimentale, rischia di essere vissuta come un dramma.
Il suicidio rispetto alla perdita di un affetto è indice del fatto che non si vivono altri affetti”.
Indipendentemente dall'età, la più esposta al rischio è la categoria sociale media, quella che ha costruito le proprie certezze sul lavoro e che ora sta perdendo il posto e la casa.
Di pari passo alla crisi sociale cresce poi il consumo di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, e di psicofarmaci.
Aumentano i rapporti sentimentali possessivi e morbosi, cresce l'aggressività tra le mura domestiche e la microcriminalità.
“Si tratta di risposte perverse allo stesso tipo di disagio – aggiunge Nicolucci – Il farmaco o la droga diventano elementi risolutivi per tamponare un'emergenza. Gli episodi delinquenziali, anche quelli in costante crescita in provincia di Latina, sono la manifestazione di un suicidio sociale”.
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